Cartoni e coperte, corpi stesi in angoli il più possibile riparati, fuori e dentro la stazione, con temperature alle 6 di mattina in inverno prossime allo zero. Questo lo scenario che mi accoglie ogni giorno, dall’inizio della mia vita da pendolare. (thread sul #dirittoallacasa)


I senza tetto in Italia, secondo stime che precise non possono essere, sono 50mila. Secondo l’Istat otto su dieci sono maschi, la metà è straniera, l’età media è 44 anni, e sette su dieci prima di esser costretto a vivere per strada disponeva di un’abitazione.


La metà di loro vive questa condizione da oltre due anni. Le grandi aree urbane sono quelle più colpite: da sole Milano e Roma accolgono quasi il 40 per cento delle persone senza dimora. A Palermo sono quasi 3mila, più di Firenze, Torino, Napoli, Bologna.


La perdita del lavoro e la separazione dal coniuge o dai figli sono gli eventi più rivelanti hanno portato alla condizione di senza tetto. Una forma di emarginazione certificato anche da quanti interrompono ogni rapporto con la famiglia, uno su tre.


Le donne sono più esposte a rischio violenze e soprusi. Un terzo dei senza tetto dichiara di svolgere un’attività lavorativa ma il guadagno medio è poco superiore ai 300 euro mensili. Il 70 per cento è affetto da disturbi mentali, dipendenze, disabilità.


La disoccupazione, la precarizzazione del lavoro, l’incremento della povertà relativa e assoluta, la crisi economica del 2008 e quest’ultima legata alla pandemia, incidono sulla capacità di spesa di singoli e famiglie e il “diritto alla casa” rimane roba da sussidiari.


Dice il Censis che 5 milioni di italiani hanno difficoltà a mettere in tavola un pasto decente, 7,6 milioni hanno avuto un peggioramento del tenore di vita. Il 60 ritiene che la perdita del lavoro o del reddito sia un evento che lo può riguardare nel prossimo anno.


Diretta conseguenza è il dato sul disagio abitativo (mancanza di servizi e spazi adeguati) che riguarda in Italia 1 milione e 475mila famiglie, il 5,6% del totale. Di queste 783 mila in disagio acuto e 692 mila con disagio grave.


A questo si somma il dato del 25% di chi vive in affitto essere in ritardo con i pagamenti dei canoni. Nel 2019 sono state emesse oltre 48mila ordinanze di sfratto (42mila per morosità e la gran parte per incapienza). 26mila gli sfratti eseguiti con forza pubblica.


In Italia 7 abitazioni su 10 sono di proprietà, un dato che diventa un problema perché crea un mercato degli affitti poco dinamico, le case sono poche e i canoni elevati. E si torna al problema del diritto alla casa. E alla totale assenza di politiche abitative in Italia.


A parte lo stanziamento di fondi per il sostegno alle locazioni, e piccoli interventi delle istituzioni territoriali preposte, il tema della casa e soprattutto dell’edilizia residenziale pubblica è scomparso dall’agenda politica del Paese. E non è che ora…


Le case popolari in Italia sono circa 700 mila, solo il 5% del mercato abitativo. Siamo agli ultimi posti in Europa, anche se le differenze territoriali sono ampie (ad esempio la quota è del 10% a Milano). Secondo i dati Federcasa vi sono 650mila famiglie in graduatoria in Italia


Solo a Milano le domande rispetto al numero di alloggi popolari sono nel rapporto di 25 a 1. La Legge per la casa è del 1971, diede impulso alla costrizione di alloggi anche di edilizia agevolata. Casa anche come bene rifugio: così si spiegano i dati sulla proprietà.


Ma oggi? Chi soffre difficoltà lavorative, soprattutto i più giovani, le vittime predestinate della precarizzazione del mercato del lavoro, vive la casa, anche in affitto, come un miraggio. Soprattutto nelle grandi città. E c’era chi parlò di bamboccioni.


Negli anni 90 si è smantellato il sistema delle case popolari con i piani di vendita dell’edilizia pubblica, alienando oltre il 50 per cento degli alloggi. Case svendute, per i sindacati un patrimonio di 9 miliardi di euro ha portato a un incasso di 2,5 miliardi.


A Foggia in assenza di case sono state fatte graduatorie anche per assegnare container. Ci sono nuclei famigliari che vivono in “baracche pubbliche” da 25 anni. Doveva essere una soluzione transitoria. In un paese che stima in 7 milioni gli alloggi liberi.


Il diritto alla casa deve rientrare a pieno diritto tra le politiche di welfare, un welfare pubblico che non può più arretrare ma tornare a investire risorse. Si parla tanto di “grandi opere”: quante case avremmo potuto costruire con gli oltre 40 miliardi della Tav?


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