Sull'H-index (o indice di Hirsch) e sul perché è sbagliato usarlo più del prezzemolo. Un thread. Spoiler: se vedete qualcuno che (non provocato) lo usa come una clava, stiate pur certi che si tratta di qualcuno che di ricerca non sa nulla. 1/n


Definizione: L'H-index di un ricercatore è il maggior numero N di pubblicazioni di quel ricercatore che hanno almeno N citazioni. Quindi, ad esempio, se ho 5 pubblicazioni che sono state citate, rispettivamente, in altre 30, 7, 3, 2 e 1 pubblicazioni, il mio H-index sarà 3, 2/n


se ho 1000 pubblicazioni, con qualche citazione, ma nessuno dei lavori è stato citato più di una volta, avrò H-index 1. E 1 avrò anche se ho pubblicato un unico lavoro che ha cambiato il volto del mio settore e ha avuto un milione di citazioni. Sì, è tutto qui. Pensavate 3/n


che fosse una mirabolante formula matematica che riuscisse a condensare in un numeretto la qualità di un ricercatore? No, è un conticino da prima elementare. Ma allora l'H-index non dice nulla? Sì e no. Qualche informazione la dà, ma solo se lo si sa leggere, 4/n


lo si contestualizza e lo si arricchisce con altre informazioni, MOLTE altre. Dedurre le capacità di un ricercatore dall'H-index e basta è come pretendere di riconoscere una persona della quale ci è stata detta solo l'altezza (o il peso, o il colore dei capelli, fate voi). 5/n


L'H-index ha dei limiti intrinseci, sia nella sua formazione che nel suo utilizzo come termine di paragone. Segue una lista che non pretende di essere esaustiva. 1. È facilmente gonfiabile: basta pubblicare molto (anche su riviste scarse) e autocitarsi spesso. D'altro canto, 6/n


però, non è migliorabile tagliando le autocitazioni. È assolutamente normale citare i propri lavori precedenti sullo stesso argomento. 2. Dipende in maniera pesantissima dal settore di ricerca. Ci sono ambiti di ricerca in cui, solo in Italia, lavorano migliaia di 7/n


ricercatori, altri che non arrivano a 100. Un ricercatore che si occupa di Algebre di Lie ha una platea mondiale che non arriva a 1/1000 di quella di un oncologo, per fare un esempio. 3. Non tiene conto del contributo individuale degli autori a ciascun lavoro. Esistono aree 8/n


di ricerca, infatti, in cui gli articoli scientifici hanno decine o anche centinaia di autori, e l'elenco degli stessi segue un ordine che codifica, in un certo senso, il contributo dato da essi al lavoro. Chi è di quell'area conosce questo "codice", l'H-index no. In altre 9/n


materie (ad esempio in Matematica), se non diversamente specificato nel lavoro, gli autori sono in ordine alfabetico (generalmente pochi o addirittura uno solo) e si sottintende che il loro contributo è paritario. Quindi, ad esempio, un tecnico di laboratorio 10/n


(che non necessariamente è un ricercatore) di un gruppo di ricerca forte può avere facilmente un H-index enorme pur non avendo mai formulato neppure un'ipotesi di ricerca. 4. Non tiene conto delle prassi bibliografiche delle varie discipline. Esistono settori in cui è 11/n


normale citare, anche solo 'en passant', tutti i lavori di cui si è a conoscenza e che abbiano anche solo una debole attinenza. In altri si cita lo stretto necessario. A volte sono le stesse riviste che, attraverso l'editor o un reviewer, suggeriscono l'aggiunta o la 12/n


rimozione di citazioni. 5. Non può, ovviamente, tener conto dei metodi di pubblicazione delle varie aree (libri, articoli, saggi, studi clinici). Uno storico tende a pubblicare libri o saggi che, per la natura del mezzo e della materia di studio, richiedono anni di lavoro. 13/n


Un matematico pubblica più spesso articoli, talvolta anche molto brevi (se il risultato principale è particolarmente importante). Un filosofo probabilmente fa entrambe le cose. Allora l'H-index ce l'ha qualche utilità? Pochissima. Molti ricercatori di altissimo livello 14/n


ritengono che la bibliometria abbia arrecato alla ricerca molti danni e pochissimi benefici, o addirittura nessuno. L'H-index, come altri indici statistici sulla produzione scientifica, può dare qualche indicazione se lo si restringe a uno specifico tema di ricerca 15/n


(non disciplina, non settore scientifico-disciplinare, proprio "tema") e si tiene conto di condizioni al contorno. In altre parole, se lo si usa con estrema cautela e competenza per confrontare colleghi che frequentano gli stessi convegni, pubblicano sugli stessi argomenti, 16/n


hanno all'incirca la stessa età accademica. E, anche in questi casi, ha qualche senso se dal confronto vengono fuori differenze rilevanti, ovvero H-index di diversi ordini di grandezza, non distanti poche unità. Sui social, l'utilità più grande dell'H-index è quella di 17/n


smascherare chi di ricerca scientifica non sa o non capisce niente. Se vedete qualcuno che paragona gli H-index di un ricercatore in biotecnologie mediche e di uno storico, avete la certezza di essere di fronte a un profano, per di più saccente. 18/18


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