Thread 3/8 Dove siamo arrivati? A Gardone Riviera. Domenica 13 agosto. Ore 23.00. Un’auto piomba sul lungolago e si ferma davanti alla farmacia di fronte al pontile. Un uomo scende dall’auto ed entra trafelato esclamando: «acqua vegeto minerale per favore!».


Nello stesso momento a Napoli, l’ex Presidente del Consiglio Francesco Saverio Nitti, leader radicale, si sta preparando per un lungo viaggio in automobile, con un lasciapassare, per i fascisti che controllano le strade. Tra poco una notizia gli farò disfare le valigie.


L’uomo entrato in farmacia si chiama Franco Pollastri, chauffeur di Gabriele d'Annunzio. E’ spaventato e preoccupato. Urla: «Il Comandante è caduto dal balcone. Ha battuto la testa sul lato destro. E’ inanimato!». D’annunzio rimarrà per giorni tra la vita e la morte.


Ma come andarono esattamente le cose? Fu una caduta politica come alcuni sostennero? Le ricostruzioni furono contraddittorie. Ma vediamo di mettere ordine. Ai giornalisti accorsi fu detto che D’annunzio, dopo aver ricevuto il suo avvocato e l’onorevole Aldo Finzi, aveva mangiato.


Poi era sceso in giardino. Non vedendolo rientrare i familiari erano andati a cercarlo e lo avevano trovato sul vialetto svenuto. La versione era inverosimile, vista la gravità della ferita. Il professor D’Agostino primario dell’Ospedale di Imola provò a dare la sua di versione.


Era stato incaricato proprio dai familiari. Questa la sua versione. Manca poco alle 23, nel salone della villa ci sono ricchi quadri antichi, poi statue, broccati, tappeti e un pianoforte. Non un pianoforte qualsiasi. E’ un regalo fatto a Liszt dai filarmonici di New York.


D’annunzio sta scherzando con Luisa Baccara e la sua sorellina Jolanda. Mentre le due si avvicinano al pianoforte D’annunzio si appoggia al davanzale della finestra, ricoperto da pesanti tendaggi di velluto verde. Dopo qualche minuto le signorine si accorgono della sua assenza.


Credono sia nascosto dietro i tendaggi. Si avvicinano, scostano i tendaggi e sentono un rantolo. Si affacciano e 4 metri sotto vedono il D’Annunzio bocconi sul vialetto. Tranquilli. Anche questa versione non sarà convincente. L’unica cosa certa? Il poeta cadde per una spinta.


Spinta politica come scrisse lo stesso poeta? «Per l’Italia degli italiani». «Non sono caduto come un angelo folle o come un angelo stanco. L’Italia mi ha gettato dalla rupe Tarpea, m’ha precipitato dal monte della cieca giustizia. M’ha spinto dalla parte del costato sinistro»


Quasi sicuramente quella caduta fu causata dalla gelosia. Una caduta accidentale, certo, probabilmente per una spinta datagli da una delle sorelle Baccara. Forse da Jolanda, oppure dalla stessa Luisa, la sua musa e amante fedele. Non lo sapremo mai. Luisa Baccara è morta nel 1985


Ma cosa c’entra il viaggio a cui si stava preparando l’ex Presidente del Consiglio Francesco Saverio Nitti, che disfò le valigie dopo aver saputo la notizia della caduta di D’annunzio? Dove doveva andare? E chi doveva incontrare? Per arrivarci dobbiamo prima parlare di D’annunzio


All’epoca ha 59 anni. Sulla porta della sua villa di Cargnacco, il futuro Vittoriale, ha fatto inchiodare una targa con la scritta: «Clausura-Silentium». Inutilmente. Ad ogni ora del giorno qualcuno bussa alla sua porta per chiedergli un avvallo alle proprie iniziative politiche.


Vista la sua enorme popolarità qualcuno cerca di usarlo, in quei mesi del 1922. Lui, da dieci anni «il Vate della Nazione Armata». Contro i neutralisti, dal Discorso di Quarto al volo su Vienna fino all’impresa di Fiume. Antidemocratico e antiparlamentarista.


Contro la «gretta e vile» classe politica tradizionale. Sulla scia dei suoi discorsi... «Roma è marcia», «il putridume della Camera», «i deputati sono il vomito della Nazione», «La Camera è un troiaio», sono gli slogan preferiti dagli arditi e dai fascisti.


Alcuni storici hanno definito D’Annunzio «l’autentico fondatore del partito fascista». Non so. So però che anche il termine «marcia su Roma» fu opera sua. Esattamente nell’estate 1919. Prima della marcia di Ronchi. Qualcuno pubblicò una sua intenzione futura.


Assalto al Parlamento, arresto dei responsabili del disastro del Paese (su tutti giolittiani e socialisti) e costituzione di un direttorio con D’Annunzio, Mussolini, il Generale Caviglia e se il re si fosse opposto, col Duca D’Aosta. Mussolini gli scrisse di pensarla diversamente


Lui preferisce la marcia su Trieste, l’annessione di Fiume, far decadere la monarchia, un direttorio con Giardino, Caviglia, Rizzo con D’Annunzio presidente. Ma fu proprio per colpa di Fiume che i rapporti tra D’Annunzio e Mussolini si deteriorarono.


Fin dall’agosto del 1921 quando Mussolini si trovò in difficoltà nel partito per gli attacchi dei rivoluzionari. Si racconta che Grandi e Balbo andarono a Gardone per offrire la guida del fascismo a D’annunzio. Il Vate li fece aspettare tre giorni fuori dalla porta. Il motivo?


Disse loro che prima doveva interrogare le stelle. Ma la troppa nuvolosità lo costrinse, così disse, a rispondere evasivamente. E tutto finì lì. Poi l’assalto a Palazzo Marino e i fascisti che lo avevano quasi costretto a parlare dal balcone del municipio occupato.


Il fascismo aveva quindi cercato di “usarlo”. Ma per comprendere il clima politico-parlamentare che poi consentirà a Mussolini di prendere il potere, anche dall’altra parte cercarono di usarlo contro il fascismo. Ricordate Francesco Saverio Nitti, che preparava le valigie?


Lui, considerato un avversario del fascismo, ex Presidente del Consiglio, doveva raggiungere la villa di un diplomatico in Toscana, per questo il lasciapassare dei fascisti per attraversare l’Italia Centrale. Il motivo? Incontrare Mussolini e D’Annunzio.


D’Annunzio, che chiamava Nitti «cagoia». C’erano volute settimane di trattative per avere quell’incontro. Lo scopo? Nitti lo lasciò scritto. «Non si trattava di un governo da fare, ma di un movimento che rendesse possibile un governo serio in un ambiente sereno»


«Se D’annunzio non fosse caduto dalla finestra e l’incontro tra lui, Mussolini e me, fosse avvenuto, forse la storia dell’Italia moderna avrebbe seguito un altro cammino. Ma gli avvenimenti della storia non possono essere giudicati al condizionale».


Un accordo tra nittiani e fascisti con la benedizione di D’Annunzio. Ma poco prima era successo anche altro. La visita a Gardone di due capi riformisti della Confederazione del Lavoro. Ma sì, facciamo di D’Annunzio il tramite per un accordo tra popolari, nittiani e socialisti.


Quella caduta dalla finestra rese vani tutti quei tentativi. Anche quello del Patriarca di Venezia, cardinale La Fontaine, per un incontro tra Don Sturzo e Mussolini. Un bel marasma. E poteva mancare lo stesso Presidente Luigi Facta? Infatti. A domani.


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