Thread 5/8 Ieri sera ho terminato con gli industriali da Mussolini. «Andammo da Mussolini […] a confermargli i gravissimi danni derivanti all’economia nazionale» Mussolini: «L’obiettivo dell’imminente azione fascista è il ripristino della disciplina soprattutto nelle officine».


Roma, 20 ottobre 1922. Durante la notte la città è stata colpita da un nubifragio. Il Tevere in piena in alcuni punti è straripato. Per il crollo di un muro è morta una donna, la domestica di un russo. La moglie di Facta gli ha inviato da Pinerolo un set di indumenti invernali.


Sul tavolo del Presidente del Consiglio c’è una lettera «riservata alla persona». Reca la data “San Rossore 19 ottobre”. E’ stata inviata dal generale Arturo Cittadini, primo aiutante in campo del re. Contiene notizie comunicate al re da una persona che vuole rimanere anonima.


«Eccellenza, questa persona ha fatto sapere al re notizie le quali danno conferma alle voci corse in questi ultimi tempi circa un colpo di mano che verrebbe prossimamente tentato su Roma». Non solo. «L’ambiente bancario di Zurigo non sarebbe estraneo a finanziamenti al partito».


«Queste informazioni indicano come date del colpo di mano quelle del 24 ottobre o del 4 novembre. Prima dell’apertura della Camera Sua Maestà il re mi dà incarico di farle queste comunicazioni per quel valore che possono avere». L’informatore del re è bene informato.


Non sa ancora la data certa, ma nemmeno Mussolini la conosce. A dire il vero non era la prima comunicazione riguardo il colpo di mano. Già il 17 ottobre, dopo la riunione di Mussolini con i suoi, il colonnello Attilio Vigevano, capo dell’ufficio informazioni, aveva inviato una...


«Circolare con informazioni riservate, ministro della Guerra, Stato Maggiore del Regio Esercito, ufficio informazioni, confidenziale A, riservata personale». In cui veniva spiegato che Mussolini non ha intenzione di partecipare a un governo Giolitti. Di più.


«Vedendo le difficoltà, perdurando le condizioni attuali, ha necessità di un grande atto. Dice che è tutto pronto per il colpo militare. De Bono, De Vecchi e Balbo sono i comandanti. L’ordine di mobilitazione ormai è partito. Mussolini ha già pronti i primi atti di governo».


Comunica anche che Mussolini pensa di effettuare il colpo di mano prima del 10 novembre, probabilmente il 4. Da quello che avete letto potete giungere alla conclusione che il governo ha in mano tutte le informazioni, persino accurate, di quello che Mussolini sta preparando.


La reazione? Praticamente nessuna. Forse avranno pensato che fossero altre “esuberanze”. Non so. E non si preoccuparono nemmeno quando l’onorevole Vincenzo Riccio, ministro dei Lavori Pubblici si incontrò con Giovanni Preziosi (fascista) per discutere un piano di treni speciali.


Che dovevano portare a Napoli, domenica 22 ottobre, per il convegno fascista, oltre trentamila camicie nere. A tutte quelle allarmanti notizie, Facta rispose con un telegramma al Re: «Informo V. M. che ritengo non avverrà nulla di importante nella riunione fascista»


«Quanto all’eventuale colpo su Roma, si è provveduto con ogni cura. Le autorità militari, che sarebbero incaricate del servizio, danno ferma assicurazione che è impossibile penetrare in Roma. L’annunciato colpo sulla capitale non presenta probabilità».


Napoli, 24 ottobre 1922. Mussolini è arrivato a Napoli alle 0.25 col treno 81 proveniente da Roma. E’ stato chiaro. In caso di contatti, evitare fin che è possibile uno scontro con i reparti dell’esercito, verso i quali bisogna manifestare sentimenti di simpatia e rispetto


Napoli è in festa. E’ un giorno feriale, ma è tutto chiuso. Un giorno di vacanza per tutti. Con fanfare e gagliardetti. Calcoli prudenti concordano su quindicimila camicie nere. Per i fascisti sono almeno cinquantamila. Alle 10 inaugurazione dei lavori al Teatro San Carlo.


Nelle prime file tutte le autorità locali, compreso il sindaco Geremicca. Il Presidente della Camera, Enrico De Nicola, ha mandato un telegramma a Mussolini con un suo cordiale saluto. La fanfara intona "Giovinezza" e tutto il teatro canta. Mussolini può iniziare a parlare.


E’ un discorso piuttosto generico. Attacca le tre anime nere del governo. Taddei, Amendola e Alessio. Ha parole buone invece per Facta. Un discorso tra applausi e continui “Viva Savoia”. Dopo questo discorso tutti sono convinti che Mussolini rimarrà all’interno della legalità.


Nel pomeriggio la sfilata del corteo, che dura tre ore. L’unico momento in cui Mussolini arringa la folla: «Vi dico con tutta la solennità che il momento impone: o ci danno il governo o ce lo prenderemo calando su Roma». Facta è convinto che sono solo “esuberanze”


Facta, «Nutro fiducia», scrive al Re: «Adunata fascista a Napoli procedette tranquillamente[…] squadre fasciste stanno ripartendo questa sera, fino ad ora, quindi, nessun incidente. Credo ormai tramontato progetto marcia su Roma. Tuttavia conservasi massima vigilanza»


Il telegramma verrà inviato alle 21.40. Venti minuti dopo Mussolini riunisce i suoi nella sua camera all’Hotel du Vesuve e Italo Balbo inizia a scrivere le direttive della marcia. Quando tutto è completato è ormai mezzanotte, e fa caldo. Le direttive sono chiare.


«Le gerarchie politiche del partito cederanno i poteri al quadrumvirato alla mezzanotte tra il 26 e 27. Sabato 28 ottobre scatto sugli obiettivi parziali (prefetture, questure, poste e telegrafi, stazioni ferroviarie). Concentramento a Santa Marinella, Monterotondo e Tivoli».


In quella camera d'albergo intorno a Mussolini sono in sette. Balbo, Bianchi, De Vecchi, De Bono, Teruzzi, Bastianini e Starace. Tutto è stato deciso. A Roma Facta sa quello che Mussolini sta preparando, ma ignora il pericolo. In fondo quel Mussolini è solo un tipo esuberante.


E così, dopo un lungo racconto, siamo arrivati ai giorni conclusivi. Più o meno sono state dette tutte le cose principali accadute in quei giorni. Forse manca solo l’incontro che ebbe Mussolini il 23 ottobre a Roma, interrompendo il viaggio da Milano a Napoli.


L’incontro con un vecchio uomo politico: Antonio Salandra. Succeduto a Giolitti nel 1914 aveva guidato il Paese fino al 1916 Leader dei liberali di destra ama definirsi «fascista onorario». I fautori di una soluzione parlamentare contavano molto su Salandra.


Comunque. Facta seguitò a ignorare quello che stava accadendo. Continuando lui a nutrire fiducia in una soluzione Giolitti, o forse in una sua personale, il ministro della Guerra Marcello Soleri, dopo tutte quelle segnalazioni, decise di non rimanere con le mani in mano.


Concorda con le autorità militari un piano di difesa di Roma aumentando notevolmente le truppe di stanza nella capitale. Essendo in ferie il comandante Ravazza, mette al comando delle truppe il Generale Pugliese. Pronti a respingere quella massa di “esuberanti”. A domani.


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